giovedì 29 novembre 2012

COMUNICATO STAMPA DEL 28 NOV 2012



La manifestazione di sabato 24 Novembre a Mirandola ha visto la partecipazione di tantissimi cittadini/e che hanno deciso di scendere in strada, a 6 mesi dal sisma, per rivendicare i propri diritti e per accendere i riflettori sulla ricostruzione che ancora sembra un miraggio.
Ci riteniamo molto soddisfatti della mobilitazione sia per quanto riguarda la partecipazione sia per i contenuti espressi da quel corteo; un lavoro di costruzione lungo alcuni mesi che ci ha visto girare per molti comuni del cratere per soddisfare il bisogno dei cittadini di essere informati sulle tante ombre del post-sisma.
A fronte della grande partecipazione di cittadini il dato c'è stata la totale assenza  delle Istituzioni, che hanno deciso di non prendere parte alla manifestazione. In particolare ci vogliamo soffermare sulla mancata presenza dei sindaci, in quanto riteniamo grave che in piazza ci fossero i terremotati ma non i loro rappresentanti che hanno perso un’ottima occasione per riavvicinarsi al territorio dopo mesi che hanno marcato, con le dovute differenze, un progressivo allontanamento delle Istituzioni dai problemi reali che si vivono nel cratere. Poi ci ha lasciato ulteriormente esterrefatti la volontà di non rilasciare dichiarazioni sulla manifestazione, facendo finta che nulla sia accaduto, proseguendo quindi con quel clima di silenzio mediatico che ha purtroppo caratterizzato questi mesi.
Credevamo che, dopo la conferenza stampa congiunta di venerdì 23 Novembre in cui, per la prima volta,  i nostri rappresentati hanno ufficialmente messo in discussione gli ordini governativi, la naturale conseguenza fosse la loro partecipazione al corteo per dimostrare la vicinanza alla propria gente. Certo, la conferenza stampa dei Sindaci ci ha lasciato un po’ perplessi sia per le rivendicazioni espresse che riteniamo decisamente parziali (soprattutto la non-richiesta  del 100%) sia per il fatto che la conclusione sia stata l'auspicio dell'accoglimento di emendamenti migliorativi al senato. Insomma, non  vorremmo dover leggere questa operazione come un tentativo di ammorbidire il malcontento che si vive nella bassa, anche in ottica elettorale.
Chi invece ha preso parola è stato il Commissario Errani (tramite le interviste di questi giorni) che ha elogiato il proprio operato e, di fatto, sposato la linea del Governo. In particolare riteniamo inaccettabile il ragionamento per cui dovremmo accontentarci dell’80% del rimborso in quanto ottimo risultato, in tempo di crisi; risultato  che rende impossibile per molti accedere alla ricostruzione in quanto non in grado di anticipare quel teorico 20% rimanente.
Purtroppo in questo territorio, già colpito duramente dalla crisi, tantissime famiglie hanno dovuto sostenere spese molto alte per la fase di emergenza e molti altri hanno visto il loro reddito ridursi fino a scomparire a causa della perdita del lavoro; e allora ci sorprende che il Commissario non abbia valutato questo problema. Perché crisi o non crisi non si può valutare una vittoria il fatto di essere i primi cittadini italiani ad ottenere un trattamento da parte dello Stato di netto inferiore alle precedenti catastrofi naturali.
Ma poi ci ha lasciato molto perplessi l’elogio fatto al lavoro della Regione perché, al di là dell’atteggiamento del Governo, sono tantissime le criticità sulle ordinanze scritte e firmate dal Commissario stesso. 

Ci permettiamo di sollevare alcune delle problematiche man mano emerse:

·        Il fallimento delle politiche abitative a partire dalla mancate erogazione dei CAS fino ad arrivare al mancato reperimento delle case sfitte, tanto sbandierato a Giugno.  In particolare: a Mirandola non si è riusciti nemmeno ad utilizzare completamente il patrimonio ACER, lasciando parecchi appartamenti vuoti.

·        L’eccessiva burocrazia (altro che “tagliare i passaggi amministrativi”) che rende impossibile, o quasi, la compilazione della modulistica per accedere ai contributi

·        Il rimborso tramite credito d’imposta che taglia completamente fuori chi un reddito non l’ha più e che comunque solo in pochissimi casi può coprire l’effettivo costo delle ristrutturazioni

·        Il tariffario regionale stilato molto al ribasso (e su questo tutti i tecnici si trovano concordi) che porta il reale rimborso a circa il 50%, percentuale, che crolla nel caso di casolari di campagna di ampia metratura.

Su queste criticità, comunque parziali e di diretta responsabilità della regione, chiediamo ad Errani di venire nel cratere per chiarire questi punti in una assemblea pubblica con i cittadini. Perché se da un lato ci dispiace moltissimo che il Commissario venga nella bassa esclusivamente per tagliare dei nastri d’altra parte riteniamo opportuno avere delle risposte alle problematiche reali che viviamo quotidianamente.
Poiché, infine, riteniamo sia importante dare una dimostrazione di sostanziale unità di intenti tra cittadini ed Amministrazioni comunali, il Comitato Sisma.12 e il Comitato Popolare Mirandolese per la ricostruzione parteciperanno venerdì 30 alla fiaccolata  organizzata dal Comune di San Possidonio.


                                    Comitato Popolare Mirandolese link




lunedì 26 novembre 2012

CORTEO DEL 24 NOVEMBRE: foto e articoli

A Mirandola, in manifestazione, alcuni c'erano, altri no. 
Non c'erano i sindaci, perchè affermano di non poter aderire ad una manifestazione non indetta da loro; anche se, almeno a parole, ne condividono quasi completamente le richieste. 
E non c'erano, in larga parte, i partiti.
In particolare quelli che appoggiano Monti e le sue politiche rigoriste ma solo per alcuni.

C'erano, invece, i cittadini, quelli che stanno vivendo sulla propria pelle i problemi derivanti da un evento eccezionale, come il terremoto, e i problemi provocati da un governo che fa scempio del concetto di solidarietà, che si ritira dal suo doveroso obbligo morale e legale di aiutare i suoi cittadini in difficoltà, con l'unica giustificazione che "è l'europa che ce lo chiede".
C'erano i comitati sorti per difendere un territorio dagli scempi provocati dal caso e da quelli provocati dalle leggi del profitto, e ci sono state le associazioni di quei professionisti che, prima di altri, hanno compreso pienamente in che razza di caos siamo stati cacciati.
C'è stata, insomma, la società civile.
L'altra, almeno sabato,è stata a guardare alla finestra.

Il resto del Carlino: link 

Tg Emilia Romagna:link

Gazzetta di Modena: link

Ansa: link

Il fatto Quotidiano: link

La Carbonara:  link


Video:












 
    

 






giovedì 22 novembre 2012

EMERGENZA POST TERREMOTO L’imponente burocrazia


Nelle prime giornate dopo le scosse della fine di maggio, si proclamò la necessità di procedere speditamente per consentire al più presto il rientro della popolazione nelle case e la ripresa delle attività produttive. Le parole d’ordine furono “burocrazia zero”.
La realtà purtroppo è ben diversa. Imponente è l’elenco della documentazione e delle informazioni che la domanda di contributo deve contenere (art. 4 dell’ordinanza 29 – come modificata dall’ordinanza 72):
  1. Tecnici incaricati della progettazione e direzione lavori;
  2. Impresa incaricata di eseguire i lavori;
  3. Banca prescelta;
  4. Computo metrico estimativo;
  5. Estremi notifica preliminare (protocollo SICO);
  6. Eventuale polizza assicurativa;
  7. Estremi catastali;
  8. Superfici suddivise;
  9. Destinazione d’uso;
  10. Riferimenti all’ordinanza comunale;
  11. Proprietari e quote di proprietà;
  12. Eventuali affittuari ed estremi del contratto di affitto;
  13. N° componenti del nucleo familiare
  14. Presenza di disabili e ultra 65enni;
  15. Perizia asseverata dal tecnico contenente:
    1. Nesso di causalità fra danni ed evento sismico;
    2. Descrizione del danno;
    3. Computo metrico estimativo;
    4. Fotografie;
    5. Progetto degli interventi corredato dalla Modulistica Unificata Regionale;
    6. Valutazione della vulnerabilità dell’edificio.

Al termine dei lavori (art. 8) occorre aggiungere:
  1. Attestazione di regolare esecuzione dei lavori e raggiunta agibilità;
  2. Consuntivo dei lavori con quadro di raffronto fra quantità di progetto e quantità finali;
  3. Rendicontazione delle spese effettivamente sostenute;
  4. Documentazione fotografica degli interventi eseguiti;
  5. DURC;
  6. Eventuale esito positivo del controllo a campione;
  7. Dichiarazione dell’impresa in caso di subappalto;
  8. Dichiarazione dell’impresa di aver saldato i fornitori entro 30 gg.

Da notare che la domanda è resa in forma di dichiarazione sostitutiva di atto notorio, con la conseguenza che anche eventuali involontarie indicazioni mendaci od errori di compilazione comportano responsabilità di tipo penale.

E’ lungo anche l’elenco delle decadenze che comportano la perdita del contributo:
  1. La domanda deve essere presentata non oltre il 30 marzo 2013 (art. 4, 1° comma);
  2. In caso di carenze nella compilazione, le integrazioni devono essere presentate non oltre 10 giorni1 dalla richiesta del Comune (art. 4, 4° comma);
  3. E’ vietato modificare la destinazione d’uso2 nei 2 anni dal completamento dei lavori (art. 6, 1° comma);
  4. E’ vietato alienare l’immobile ad estranei3 entro i 2 anni dal completamento dei lavori (art. 6, 2° comma);
  5. I lavori debbono essere conclusi entro 8 mesi (art. 7, 1° comma);
  6. 90 giorni dal termine dei lavori per presentare la documentazione a consuntivo (art. 8, 5° comma).

Non è invece prevista alcuna decadenza se al termine dei lavori gli immobili non vengono locati, o ceduti in comodato od utilizzati dal proprietario (art. 6, 4° comma).

Si tratta quindi di un percorso ad ostacoli4 che invece dovrebbe prevedere maggiore tolleranza tenuto conto delle imprevedibili situazioni di disagio vissute dalla popolazione e dalla complessità delle procedure in grado di mettere in difficoltà il tecnico più preparato.

E’ impietoso poi il confronto con l’estrema snellezza burocratica richiesta per gli interventi sulle abitazioni per le quali si può usufruire della detrazione IRPEF 36% (fino a giugno 2013 elevata al 50%): è infatti sufficiente copia della fattura e la ricevuta del bonifico bancario.
Nulla a che vedere con l’enorme quantità d’informazioni richieste per ottenere i contributi per la ricostruzione post sisma. Crediamo sia opportuno, se non snellire l’elenco della documentazione necessaria a corredare la domanda di contributo, quanto meno introdurre maggiori tolleranze, consentendo di integrare o correggere quanto presentato con la necessaria elasticità, anziché con la minaccia di ogni sorta di decadenza.

Le varianti

Anche eventuali varianti in corso d’opera sono suscettibili di generare dubbi che necessitano di chiarimenti.
L’art. 3, 9° comma, ammette eventuali varianti in corso d’opera5: ”fermo restando il limite del contributo concesso”.
Sembra quindi che le varianti comportanti un incremento di spesa rispetto alle previsioni iniziali, non possano beneficiare di maggiori contributi.
Tuttavia questo assunto pare contraddetto dall’art. 8, 1° comma, lett. b), ultima frase della seconda alinea, nella quale si precisa che ilconsuntivo dei lavori […] è comparato con il costo convenzionale di cui all’art. 3, comma 2 ai fini della determinazione finale del contributo che va calcolato sul minore dei due importi.”
L’introduzione del concetto di determinazione finale6 del contributo pare dunque superare la problematica dei molti che hanno segnalato l’inadeguatezza del prezziario regionale rispetto ai prezzi correnti di mercato. Infatti il contributo determinato sul consuntivo dei lavori si basa sui prezzi effettivamente applicati, com’è precisato nella prima frase della medesima alinea. Ci domandiamo se sia l’interpretazione corretta. Un chiarimento pare indispensabile per evitare spiacevoli sorprese che difficilmente si potranno evitare a lavori già avviati.


1 Un termine incomprensibilmente brevissimo a carico del terremotato e del tecnico che lo assiste (il Comune ha invece 60 gg per verificare la documentazione).
2 Un divieto che non tiene conto di situazioni di emergenza che talvolta comportano la necessità di modificare temporaneamente la destinazione d’uso.
3 Un divieto che non tiene conto del comprensibile timori di taluni a rientrare nella propria abitazione e della necessità di alienarla per trasferirsi altrove.
4 Analoghe problematiche si riscontrano nell’ordinanza 51
5 Non è invece previsto, né vietato, cambiare l’impresa esecutrice in corso d’opera (possibilità espressamente ammessa dal 5° comma dell’art. 12 dell’ordinanza 57 sulle attività produttive).
6 Analoga disposizione è riportata nell’ordinanza 51, all’art. 8, 1° comma, lett. c) n° 3.

preparando il corteo del 24: ecco chi abbiamo invitato

Noi li abbiamo invitati ad aderire e partecipare perchè crediamo che i problemi di questa ricostruzione siano comuni a tutti i cittadini e di tutto il territorio, quindi anche delle Associazioni di Categoria, dei Partiti e degli Amministratori Pubblici.
Una vicinanza , anche fisica, ai cittadini del cratere sismico rappresenterebbe un segnale degno di apprezzamento.

Sotto le lettere di invito ai Sindaci del cratere, alle associazioni di categoria, ai partiti e ai sindacati

                                                                      







martedì 13 novembre 2012

ASSEMBLEA PUBBLICA, giovedi 15 novembre ore 20 e 30

Il numero uno del Parlamento Europeo, il tedesco Martin Schultz ha affermato che i governi che stanno speculando sulle popolazioni colpite dal terremoto in Emilia per innescare un probabile meccanismo di “do ut des” in quel di Bruxelles, dovrebbero vergognarsi.
E, in effetti, il balletto messo in piedi da Germania, Olanda, Finlandia, Svezia e Gran Bretagna, in merito ai 670 milioni di finanziamento per la ricostruzione post terremoto, è indegno, e giustamente, in Italia, sono insorti partiti, giornali ed opinione pubblica.
Peccato che la canea conseguente abbia fatto passare totalmente sotto silenzio il fatto che un altro governo (quello insediato a Roma) abbia addirittura posto la fiducia in parlamento per negare alle popolazioni terremotate di poter posticipare il pagamento delle imposte a giugno 2013.
Non viene da chiedersi quale sia comportamento più vergognoso?

PERCHÈ SCENDERE IN PIAZZA, A MIRANDOLA, IL GIORNO 24 NOVEMBRE

Perchè il governo Monti, nella sua ossessione ragionieristica dei “conti a posto”, pretende di gestire l'Italia come fosse un condominio.

Col Decreto - Legge 15 Maggio 2012, n°59 (quello sul riordino della protezione civile) il governo si chiama fuori, d'ora in avanti, dalle conseguenze provocate da una qualunque calamità naturale (terremoti, alluvioni, frane, esondazioni) e ne scarica i costi sui privati cittadini. Questo senza nel contempo prevedere, ad esempio, una adeguata normativa che regolamenti la salvaguardia idrogeologica del territorio.
Questo DL lo stanno sperimentando sulla nostra pelle.
Oggi. In Emilia.
E da esso dipendono, in larga parte, le attuali carenze sulla gestione dell'emergenza post terremoto e deriveranno le difficoltà di tanti per poter ricostruire la propria casa, e la propria vita, in modo decente.
Se tutto questo passerà senza colpo ferire avremo perso un altro pezzetto del nostro essere cittadini (individui con dei diritti oltre che dei doveri) e saremo diventati un po' più servi.
E' importante, quindi, dire chiaramente che noi non ci stiamo ad essere trattati così.
Ed è importante dirlo forte.


NE PARLIAMO ASSIEME GIOVEDI 15 NOV A MIRANDOLA ,
presso CENTRO ANZIANI – VIA MAZZONE 2 – ore 20.30

lunedì 12 novembre 2012

EMERGENZA POST TERREMOTO: come (non) ottenere i contributi per la ricostruzione

Pubblichiamo l'intervista rilasciata dal Commercialista Bergonzini sulla questione dei contributi per la ricostruzione. Ringraziamo il Comitato Popolare Mirandolese per il video.




intervista rilasciata il 25/10


giovedì 8 novembre 2012

[GIU' LE MANI DALLE NOSTRE CASE! 100% PER LA RICOSTRUZIONE!] scendiamo in strada! Sabato 24 Novembre, Mirandola







































Le rare volte che i mass media parlano dell'Emilia raccontano di una regione in cui i laboriosi emiliani ce l'hanno fatta da sé: scuole avviate, aziende e negozi riaperti, moduli abitativi in arrivo.
Ci piacerebbe fosse così: la realtà è che in Emilia non c'è proprio niente di risolto. 
I tempi “amministrativo/legali” dell'emergenza sono sempre più distanti dalla situazione reale.
Alcune grandi imprese delocalizzano dopo che i loro capannoni sono crollati come castelli di carte, le piccole imprese non riescono a ripartire e mettono in cassa integrazione i lavoratori, 
le scuole, sono partite “puntualmente” il 17 di settembre sotto tensostrutture o in alberghi affittati e pizzerie prestate alla comunità in attesa dei moduli scolastici, per lo più pronti dopo il 20 di ottobre ,i campi della protezione civile chiudono spostando le persone a vivere fino a 80 /90 km dai luoghi dove lavorano o studiano mentre le case sfitte sono poche e in parte in mano a palazzinari che le tengono vuote in attesa in attesa di non si sa cosa (forse della possibilità di rincarare gli affitti?): ecco la realtà emiliana.
I soldi non ci sono, dicono:
 il contributo per la ricostruzione da un 80% virtuale si trasforma in una percentuale prossima tra il 50 e il 60% , cosa che obbliga le famiglie meno abbienti a rassegnarsi ad essere consegnati, se non riescono a mettere la differenza, in mano alle banche, accendendo mutui, oppure, se non hanno le garanzie che richiedono le banche, a rinunciare alla ricostruzione. Nel frattempo si spendono 40 euro al giorno a persona solo per pernottamento e colazione, per mantenere in albergo famiglie senza casa perchè Errani, costretto dalla realtà, ha dovuto rinunciare in ritardo alla sua linea oltranzista anti container: così i moduli abitativi (70.000 euro l'uno: la speculazione è già cominciata e rischia di mangiarci vivi) arriveranno solo fine dicembre o gennaio, forse addirittura a febbraio.
Tutto questo però non impedisce di sprecare 
i soldi per costruire la solita infrastruttura dannosa e costosissima come la Cispadana a cui tra l'altro saranno destinate le macerie del terremoto, fonti preziose di materiale di recupero per abbassare i costi della ricostruzione.NOI NON CI STIAMO! 
A chi vuole trasformare questo terremoto in un' occasione di spopolamento del territorio attraverso leggi e ordinanze che impediscono ai meno abbienti di ricostruire, a chi vuole trasformare questa tragedia in uno strumento di selezione di classe noi rispondiamo che siamo intenzionati a rimboccarci le maniche non solo per lavorare, ma anche per pretendere ciò che ci spetta.

SABATO 24 NOVEMBRE, ORE 15, PIAZZA COSTITUENTE, MIRANDOLA

SCENDIAMO IN STRADA!!


Parlano di noi:
Gazzetta di Modena:
http://gazzettadimodena.gelocal.it/cronaca/2012/11/09/news/i-cittadini-scendono-in-piazza-a-mirandola-1.5998064

lunedì 5 novembre 2012

EMERGENZA POST TERREMOTO Lo Stato non concede sconti ai terremotati e pretende le tasse sul sisma


Quando si pensa all’insufficienza dei fondi messi a disposizione per il sisma che ha colpito la bassa modenese ed i territori limitrofi, non ci si aspetta che lo Stato con una mano dia e l’altra tolga, né tantomeno che nasconda provvedimenti tesi all’implacabile riscossione delle imposte spacciandoli per agevolazioni. Vediamo in concreto di cosa si tratta.
I danni sono stati stimati in circa 15 miliardi1, mentre le somme messe a disposizione sono appena 10,5 miliardi2, pari ad appena il 70%. E’ evidente a tutti che tali fondi sono insufficienti, eppure non si è pensato a neutralizzare l’effetto dell’IVA, un’imposta che grava sui costi di ristrutturazione e che, pertanto, è destinata a rientrare nelle casse dello Stato. E’ come se i fondi a disposizione fossero stati indirettamente diminuiti.
Se si ipotizza un’aliquota IVA al 10%, tornerà allo Stato una somma di quasi 1 mld e quindi i contributi realmente a disposizione sono 9,5 mld, ossia poco più del 63% dei danni stimati.
Lo strano è che, in piena fase emergenza, anziché proporre un’agevolazione a favore delle popolazioni terremotate, il Governo ipotizzava una defiscalizzazione dell’IVA sulla realizzazione, finanziata da privati, delle infrastrutture di rete per le telecomunicazioni3. Nel merito occorre osservare che la costruzione di tali reti è effettuata da grandi società commerciali che hanno diritto a recuperare l’IVA, come credito d’imposta da detrarre dall’IVA incassata dai clienti che usufruiranno delle infrastrutture da loro realizzate. Conseguentemente l’IVA, per queste società, non è in realtà un costo che rimane a loro carico, ma solo un anticipo che poi recupereranno nel tempo. Non si comprende quindi quale utilità potesse avere tale proposta.
Nulla da eccepire sull’importanza strategica delle reti infrastrutturali, tuttavia è singolare che nell’ordine delle priorità vengano privilegiate rispetto alla ristrutturazione di un bene primario come le abitazioni ed i capannoni danneggiati dal sisma emiliano, veneto e lombardo.
Il Ministro Passera ha poi successivamente corretto il tiro, ventilando la possibilità di introdurre concrete agevolazioni in un suo intervento al Lingotto di Torino4. Ha infatti proposto la defiscalizzazione IRES, IRAP al posto dell’IVA (d’altra parte, come spiegato poc’anzi non c’era affatto necessità della defiscalizzazione di tale imposta che già di norma non è un onere, bensì un credito d’imposta).
Quindi per la costruzione delle reti infrastrutturali si è ipotizzato di detassare, per un certo numero di anni, i proventi dei grandi gruppi industriali, mentre per i terremotati non solo non è stato disposto né l’esonero da IVA (per i quali invece è un onere vero che aumenta il costo di ristrutturazione), né l’istituzione di una zona franca (cosiddetta no tax area), ma addirittura viene chiesto loro di pagare entro il 16 dicembre, tutte le imposte che erano state sospese nei giorni successivi al sisma. Una sorta di regalo di Natale per chi si appresta a trascorre l’inverno fuori casa.
Si tratta veramente di una beffa indegna di un Paese che pretende di essere annoverato fra gli esempi di civiltà.
I consulenti del lavoro hanno puntualmente spiegato che, per effetto di tale decisione, un operaio metalmeccanico di 3° livello, residente nel cratere, con retribuzione lorda di 1.388,24 a seguito delle trattenute Inps correnti ed arretrare e trattenute Irpef arretrate, percepirà un netto di 502,94.
La norma che impone il pagamento entro metà dicembre è contenuta nell’art. 11, 5° e 6° comma, del D.L. 174/2012, che ha un titolo dal sapore di una presa in giro: “Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012”.
Un provvedimento vergognoso che viene dunque mascherato quale ulteriore agevolazione per le popolazioni terremotate, e col quale si è invece stabilito il pagamento delle imposte sospese ad appena 6 mesi dal sisma.
La presunta ”agevolazione” consiste nella possibilità concessa alle sole imprese (dimenticandosi di concederla anche a privati, agricoltori e liberi professionisti) di ottenere un finanziamento garantito dallo Stato, con quale potranno finanziarsi per pagare le imposte entro la scadenza stabilita. Un prestito che dovranno poi rimborsare in comode rate in appena 24 mesi. Naturalmente chi ometterà il pagamento del mutuo non riceverà una pacca sulla spalla od un’ulteriore dilazione di pagamento, bensì un “cordiale” avviso di Equitalia che notificherà l’iscrizione a ruolo di quanto dovuto, maggiorato dagli immancabili interessi di mora (comma 8 dell’art. 11 del DL 174/2012).
Uno Stato quindi che non si fa alcuno scrupolo nell’esigere le tasse da chi ha subito danni enormi, ha perso la casa od anche il lavoro. Uno Stato che dunque agisce da implacabile esattore infischiandosene delle calamità naturali subite dai cittadini che dovrebbe tutelare ed assistere.
Un trattamento molto diverso da quello riservato al sisma dell’Aquila. Recentemente è stata istituita una zona franca urbana5 per il Comune dell’Aquila (strutturalmente simile alla no tax area) per una durata di 14 anni6 e prima ancora gli Abruzzesi avevano avuto il beneficio della sospensione del pagamento delle imposte per tre anni dal sisma e quando infine è stato loro richiesto il pagamento si è concesso uno sconto del 60%, permettendo loro di pagare il residuo 40% in 10 anni senza interessi.
In altre parole lo Stato utilizza due pesi e due misure: agli emiliani, veneti e lombardi colpiti dal sisma non fa sconti e pretende il pagamento delle imposte in unica soluzione, dimostrandosi davvero insensibile ai gravi disagi subiti da queste popolazioni che, per il momento, non hanno visto un centesimo dei promessi contributi pubblici.
Uno Stato che si preoccupa in realtà solo di esigere le imposte senza fare distinzioni, o meglio facendole, ma in senso peggiorativo.
Come rimediare a tanta iniquità? Occorre quanto meno dimostrare maggiore sensibilità e concedere, senza doverlo implorare, un differimento di quanto dovuto ed istituire una zona franca che consenta alle popolazioni ed alle imprese di beneficiare di una temporanea defiscalizzazione dei proventi per potersi risollevare in un congruo lasso di tempo.
Senza voler estremizzare la questione, ma giusto per sottolineare che lo Stato non può solo pretendere, ma deve soprattutto sostenere i propri cittadini, vale la pena rammentare un estratto della dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America del 4 luglio 1776.
Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per sé stesse evidenti; che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà ed il perseguimento della Felicità, che allo scopo di garantire questi diritti, sono istituiti fra gli uomini i Governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati, che ogni qualvolta una qualsiasi forma di Governo, tende a negare tali fini, è diritto del Popolo modificarlo o abolirlo ed istituire un nuovo governo che ponga le sue fondamenta su tali principi e organizzi i suoi poteri nella forma che al popolo sembri più probabile possa apportare Sicurezza e Felicità. La Prudenza imporrà che i Governi fondati da lungo tempo non vadano cambiati per motivi futili e transitori; e di conseguenza ogni esperienza ha dimostrato che l’umanità è più disposta a sopportare gli effetti del malgoverno, finché i mali sono sopportabili, piuttosto che a farsi giustizia abolendo le forme alle quali é abituata. Ma quando una lunga serie di abusi e di usurpazioni, che perseguono invariabilmente lo stesso obiettivo, rivela il disegno di ridurre il popolo a sottomettersi a un dispotismo assoluto, è suo diritto, è suo dovere, rovesciare tale governo e affidare la sua sicurezza futura a dei nuovi Guardiani.
Comitato Sisma.12


1 Fonte Il Sole 24Ore del 25/08/12 pag. 20
2 L’art. 11, 7° comma, del DL 174/2012 ha previsto la possibilità per le imprese di ottenere finanziamenti agevolati per 6 miliardi allo scopo di versare entro il 16 dicembre 2012 le imposte sospese dopo il sisma. Non si tratta dunque di un fondo destinato alla ricostruzione, bensì di un prestito che dovrà essere restituito entro 24 mesi. Questo fondo non é quindi incluso nella somma di 10,5 mld.
4 Fonte ASCA 29/09/12
5 D.M. 26/06/2012 in Gazzetta Ufficiale il 1° settembre 2012
6 Art. 6 del DM 26/06/2012. Esenzione da imposte al 100% per i primi 5 anni, del 60% dal sesto al decimo, del 40% dell’undicesimo al dodicesimo, del 20% dal tredicesimo al quattordicesimo.

venerdì 2 novembre 2012

EMERGENZA POST TERREMOTO: vietato vendere e mutare la destinazione d'uso


Nei giorni immediatamente successivi ai terremoti del 20 e 29 maggio, le parole d’ordine del Commissario Errani erano “burocrazia zero”: occorreva fare presto; mettere in sicurezza la popolazione , far ripartire le fabbriche e pensare alla ricostruzione senza lacciuoli e cavilli burocratici.Purtroppo, ben presto, è risultato evidente che si trattava di un proclama destinato ad infrangersi contro le granitiche norme vigenti, derogare le quali sembra sia impresa titanica.Anzitutto occorre osservare che incomprensibilmente in un Paese periodicamente funestato da terremoti, alluvioni ed altre tragedie, non esiste una legge nazionale che regoli gli interventi con chiarezza, facendosi forte dell’esperienza maturata nelle precedenti catastrofi. Ogni volta si riparte da capo, con funzionari che scrivono le norme e le ordinanze da zero, probabilmente traendo ispirazione da quelle emanate in passato che cercano di adattare al caso specifico in una corsa contro il tempo che è spesso foriera di errori, sviste e lacune. In sostanza un complicato pasticcio contro cui i terremotati si trovano a lottare.

Un esempio: la sospensione dei versamenti e degli adempimenti tributari di cui all’art. 1 del decreto del Ministro dell’Economia del 1° giugno 2012, a cui si è aggiunto l’art. 8 del D.L. 74/2012 con la sospensione dei contributi previdenziali ed altri balzelli tributari. In proposito è successo di tutto: associazioni di imprenditori che hanno consigliato di continuare ad operare le ritenute fiscali e previdenziali sulle buste paga, altri che lo hanno fatto solo per i contributi previdenziali e non per le ritenute, altri ancora che non hanno trattenuto nulla, l’INPS che in una nota ha affermato che v’era l’obbligo di versamento salvo poi correggere il tiro qualche ora dopo, idem l’Agenzia delle Entrate con un comunicato stampa del 16 agosto 2012, per arrivare poi a richiedere comunque il versamento delle ritenute, costringendo i datori di lavoro, che non le avevano applicate, a trattenerle in unica soluzione, svuotando la busta paga di settembre, per infine chiarire, all’ultimo momento, che la trattenuta non avrebbe dovuto eccedere il quinto dello stipendio.
In sostanza un caos burocratico che ancora spiega i suoi nefasti effetti, con la conseguenza che sarà necessario predisporre la solita sanatoria per tutti quelli che inevitabilmente, nella confusione più totale, hanno violato senza saperlo una serie di adempimenti tributari e previdenziali.
Purtroppo non è finita. Passata l’emergenza delle fasi più acute, quando la terra tremava con violenza, è venuto il momento dell’emergenza ricostruzione ed è necessario fare lo sforzo di rimuovere alcuni lacciuoli che sono umilianti e cozzano col buon senso. Esaminiamone alcuni.

La qualificazione SOA

Per gli interventi di maggiore entità1 è richiesto che l’impresa esecutrice dei lavori abbia la qualificazione SOA, che è normalmente necessaria per poter conseguire appalti pubblici. Tale requisito dovrebbe aver lo scopo di garantire che l’impresa esecutrice abbia la capacità economico-finanziaria di portare a termine i lavori ed anche che non sia emanazione di organizzazioni mafiose. Nella realtà tale qualificazione non rende indenne l’impresa dal fallimento in corso d’opera, né garantisce l’assenza di infiltrazioni, tant’è che proprio in questi giorni la Procura della Repubblica di Modena ha inquisito aziende che hanno ottenuto appalti da un comune modenese, le quali si difendono affermando di avere i certificati antimafia in regola2. Ovviamente i fatti sono ancora da accertare, ma l’esempio pare significativo di come la certificazione in realtà non costituisca una solida barriera contro i tentacoli della malavita.
Al di là quindi delle blande garanzie offerte da tale attestazione, il problema vero è la drastica restrizione della concorrenza fra imprese abilitate ad effettuare i lavori su 14.000 edifici inagibili e circa 11.000 parzialmente inagibili3. Pare infatti che in provincia di Modena solo 500 imprese edili su 11.000 ne siano in possesso ed in tutta l’Emilia Romagna siano solo 2.910 su oltre 78.000 imprese edili4.
Sotto un certo profilo è comprensibile lo scrupolo di chi, nel predisporre le ordinanza della regione Emilia Romagna, ha ritenuto opportuno preoccuparsi di evitare che i soldi pubblici finiscano in mano ad aziende suscettibili di infiltrazioni mafiose, tuttavia si tratta di un requisito umiliante per le piccole imprese artigiani locali che non potranno eseguire i lavori più importanti, se non tramite forme di aggregazione consortili o associazioni temporanee d’impresa. Umiliante in quanto ritenute non idonee ad effettuare i lavori più rilevanti unicamente perché non hanno un pezzo di carta richiesto solo nell’ambito degli appalti pubblici.
E’ del pari umiliante per il terremotato, perché evidentemente non lo si ritiene in grado di scegliersi autonomamente un’azienda in grado di riparare a regola d’arte l’abitazione dove dovrà dormire.
Pare però che anche il Governo abbia ritenuto tale prescrizione superflua introducendo5 all’art. 3 del DL 74/2012 il comma 1-bis il quale afferma che i contratti stipulati dai privati beneficiari di contributi non sono ricompresi nei contratti di cui al codice degli appalti pubblici. Resta ferma, ed è sacrosanto, l’esigenza di assicurare la trasparenza nell’utilizzo delle risorse pubbliche. In altre parole sembra di capire che si richieda alle aziende esecutrici esclusivamente il requisito di essere inseriti nella lista bianca (cosiddetta “white list”) delle imprese che hanno superato i controlli antimafia. Ci auguriamo che sia così.
Perde il contributo chi non ristruttura
I contributi sono concessi solo per la ristrutturazione. Non è previsto alcun indennizzo per chi non ha la possibilità di sobbarcarsi quella parte di costo non coperta dal contributo statale. Il problema si presenta con particolare gravità per le grandi case di campagna, costruite agli inizi del secolo scorso per ospitare famiglie contadine numerose ed ora utilizzate da nuclei familiari composti da due o tre persone. In questi casi la ristrutturazione rischia di risultare pressoché insostenibile, perché occorre ristrutturare superfici enormi, mentre il contributo statale si dimezza oltre i 120 mq e si riduce ad un quarto oltre i 200 mq. In questi casi l’onere a carico del terremotato può superare il 50%. A meno che non si consenta di abbattere l’edificio e ricostruirlo in dimensioni più ridotte, questi soggetti si troveranno quindi nell’assurda condizione di dover abbandonare l’immobile al suo destino senza aver la possibilità di usufruire di una somma che possa permettere loro di acquistare un altro edificio, o almeno l’opportunità di estinguere il mutuo che eventualmente avessero contratto per l’acquisto dell’immobile terremotato.
L’intento della Regione di favorire la ricostruzione evitando lo spopolamento di città e campagne è certamente lodevole, tuttavia è del pari necessario mettere chiunque in condizione di poter avere i mezzi finanziari coi quali ricostruire la propria abitazione o l’immobile utilizzato per esigenze lavorative.
Così purtroppo non sarà, per effetto dei limiti posti all’entità dei contributi che coprono fino all’80% della spesa, ma che spesso risulteranno di gran lunga inferiori a tale soglia.
E’ dunque necessario un intervento dello Stato che consenta di ristabilire l’equità, affinché chiunque sia stato colpito da questa tragedia possa ricostruire abitazioni ed edifici produttivi. Per ottenere questo risultato è indispensabile che il contributo copra l’intero costo di ristrutturazione così com’è stato in tutti gli eventi catastrofici accaduti nel passato.


Vietato vendere nei due anni dalla ricostruzione

E’ invece del tutto incomprensibile il divieto di vendere6 l’abitazione prima della data di ultimazione dei lavori e nei due anni successivi alla ristrutturazione (art. 6, 2° comma delle ordinanze 29 e 51). Chi lo fa decade dal diritto al contributo che dovrà restituire maggiorato degli interessi.
Probabilmente l’intento di questa disposizione è quello di impedire speculazioni edilizie da parte di chi ristrutturerà l’immobile per lucrare nella rivendita. Occorre però domandarsi chi potrà mai arricchirsi con un’operazione di questo tipo. Il valore degli edifici nella zona colpita dal sisma è precipitato, il contributo effettivo non raggiungerà lo sbandierato 80% costringendo molte famiglie a doversi procurare autonomamente la somma che mancherà per completare la ristrutturazione. In un contesto simile è abbastanza difficile poter immaginare che qualcuno possa speculare. Sarebbe invece doveroso consentire a chi ha paura di tornare nella propria abitazione, e desidera cambiare casa, poterlo fare trasferendo ad un temerario acquirente la possibilità di effettuare l’intervento di riparazione con l’ausilio del contributo statale. In questo modo si permetterà anche a chi non ha la possibilità di sostenere l’onere che rimarrà a suo carico, di vendere l’edificio (ammesso si trovi qualcuno disposto a comprarlo), recuperando almeno il valore residuo da poter utilizzare per ricominciare una vita altrove.
In merito all’assurdità di tale divieto occorre evidenziare che analoga disposizione non è stata prevista per gli immobili destinanti alle attività produttive, i cui proprietari hanno quindi la possibilità di vendere l’edificio, permettendo all’acquirente di beneficiare del contributo pubblico (l’art. 22 dell’ordinanza 57 non contempla infatti la vendita fra le cause di decadenza del contributo).


Vietato mutare la destinazione d’uso degli edifici.
Vi è purtroppo un’altra prescrizione comprensibile in un contesto ordinario, che risulta poco ragionevole durante la gestione dell’emergenza: il divieto di mutare la destinazione d’uso nei due anni successivi alla fine dei lavori.
Preliminarmente occorre osservare che si tratta di una disposizione comune a tutte e tre le ordinanze (art. 6, 1° comma della 29 e della 51 e art. 19 della 57) finora pubblicate per la ristrutturazione degli edifici privati. Si tratta però di un divieto come detto poco ragionevole perché la popolazione colpita dal terremoto si arrangia come può. C’è chi non ha voluto abbandonare la propria casa, nonostante la dichiarazione di inagibilità, perché ha timore che qualche sciacallo lo derubi di ciò che gli resta; c’è chi lavora sotto una tensostruttura anche quando piove e probabilmente quando nevicherà; c’è chi ha spostato i propri uffici in un fienile miracolosamente rimasto in piedi e c’è anche chi ha trasferito l’abitazione in un ufficio. Tutti quelli che hanno potuto, con grande spirito di adattamento, hanno cercato di risolvere il problema da sé, senza attendere che qualcun altro provvedesse per loro.
E’ evidente che in una situazione straordinaria occorre derogare alle norme che si impongono quando la vita sociale segue un corso normale. E’ ovvio che la gente, accampata alla meglio, si aspetta dalle Autorità la massima tolleranza, che non significa far finta di niente o non voler vedere, bensì equivale ad adottare misure che consentano di derogare temporaneamente alle norme in considerazione dello scenario emergenziale.
Il che vuol dire che occorre accettare che temporaneamente un edificio sia adibito ad un uso differente da quello previsto dalle norme urbanistiche, cosicché chi ha insediato gli uffici in un fienile non debba sentirsi anche un abusivo in casa propria.
Comitato Sisma.12

1 Nel caso delle E0 (le cosiddette E leggere: ossia uno stato di inagibilità grave, ma non tale da richiedere  l’abbattimento dell’edificio) di cui all’ordinanza 51 del 5/10/2012 la qualificazione SOA è prevista per i lavori superiori ad euro 258.000 (art. 4, 7° comma)
2 fonte il Resto del Carlino del 24/10/2012, Cronaca di Modena, pag. 5
3 Fonte Il Sole24Ore del 25/08/12 pag. 20
4 Fonte Il Sole 24Ore del 1/9/12 pag. 17.
5 con l’art. 11 del DL 174/2012.
6 È consentita la vendita a parenti ed affini entro il 4° grado.